Secondo te, quali sono le tre cose più importanti per la crescita spirituale personale? Immagino che per la maggior parte di noi la Parola di Dio sia una di queste. È mediante la Parola che conosciamo Cristo. Sicuramente la Parola di Dio dovrebbe essere una di queste. Probabilmente la preghiera sarebbe un’altra. Dio ci parla attraverso la Parola, e noi parliamo a Dio tramite la preghiera.
Ma quale sarebbe la terza? Cose ne pensate? Forse alcuni di noi direbbero l’appartenenza a una chiesa locale. Oppure, evangelizzazione. O magari leggere la buona letteratura cristiana. Tutte queste cose sono buone per la crescita spirituale personale. Ma mi chiedo quanti di noi direbbero “la Santa Cena”. Per molti di noi, i sacramenti potrebbero non essere una delle prime cose che vengono in mente quando pensiamo alle cose più importanti per la nostra crescita spirituale e il nostro progresso come cristiani.
Eppure, la Riforma protestante del XVI secolo insisteva sul fatto che le due cose più importanti per la nostra crescita spirituale sono la Parola predicata (non solo la lettura privata della Bibbia, ma la predicazione del Vangelo) e i sacramenti, cioè battesimo e la Santa Cena. Anche la preghiera, secondo i riformatori, è indispensabile per la vita cristiana, dato che, come dice il Catechismo di Heidelberg, la preghiera «è l’espressione principale della gratitudine che Dio esige da noi» (Domanda 116). Però, secondo i riformatori protestanti, la Parola e i sacramenti sono mezzi della grazia mediante la quale lo Spirito Santo insegna il Vangelo e conferma che la nostra intera salvezza si trova nell’opera finita di Cristo. La Chiesa locale è il luogo dove Cristo ha promesso di incontrare il suo popolo ogni settimana attraverso i mezzi che Egli ha ordinato. In effetti, accanto alla dottrina della giustificazione per sola fede, i riformatori del XVI secolo hanno scritto sui sacramenti più di ogni altra questione. Quindi, la questione dei sacramenti fa davvero parte di ciò che significa essere protestanti.
Purtroppo, oggigiorno non lo sapremmo guardando la moderna chiesa evangelica. Forse non c’è segnale più grande che gli evangelici abbiano dimenticato da tempo le loro radici del degrado in cui sono caduti i sacramenti ai nostri giorni. Sempre di più, non è raro incontrare credenti che non sono mai stati battezzati. E la Cena del Signore? Beh, la maggior parte delle chiese evangeliche non la celebra settimanale, come era usanza della chiesa primitiva. Come ha detto uno scrittore, oggi molti evangelici vedono i video durante il culto più spesso di quanto non vedano la Santa Cena.
Cosa è successo nella chiesa evangelica? Sembra che gran parte di ciò sia dovuto a una reazione eccessiva ad alcuni degli errori e delle superstizioni della Chiesa cattolica romana riguardo ai sacramenti. Come spesso accade, tuttavia, le reazioni eccessive teologiche a una posizione particolare possono produrre nuovi errori e nuove superstizioni. Ecco perché dobbiamo esaminare le Scritture: deve essere la Parola e non le nostre paure, pregiudizi o preoccupazioni che formano la nostra teologia e pratica. Inoltre, dobbiamo riscoprire la saggezza della Riforma Protestante ed applicarla al nostro tempo. Se siamo veramente protestanti, dobbiamo capire le reali differenze tra Roma e la Riforma.
Quindi, vorrei che prendessimo in considerazione la dottrina dell’Eucaristia, cioè la Santa Cena. Pensiamo a questo in quattro parti: 1) Che cosa insegna la Bibbia? 2) Che cosa insegna la Chiesa Cattolica Romana? 3) Che cosa insegnò la Riforma Protestante? 4) Perché questo è importante per noi oggi?
1. Che cosa insegna la Bibbia?
Diamo un’occhiata a tre brani nel Nuovo Testamento. Primo: Giovanni 6. Notate il modo in cui nostro Signore interpreta Esodo 16 e la manna dal cielo. Questa scena successe dopo il miracolo della moltiplicazione dei pani per cinquemila uomini. Dopo aver fatto questo prodigio, Gesù era molto popolare. Molte persone iniziarono a seguirlo perché volevano un pasto gratis. A loro Gesù rispose nel v.26: «In verità, in verità vi dico che voi mi cercate non perché avete visto dei segni miracolosi, ma perché avete mangiato dei pani e siete stati saziati. Adoperatevi non per il cibo che perisce, ma per il cibo che dura in vita eterna, e che il Figlio dell’uomo vi darà». Poi, Egli disse:
«In verità, in verità vi dico che non Mosè vi ha dato il pane che viene dal cielo, ma il Padre mio vi dà il vero pane che viene dal cielo. Poiché il pane di Dio è quello che scende dal cielo, e dà vita al mondo». Essi quindi gli dissero: «Signore, dacci sempre di questo pane». Gesù disse loro: «Io sono il pane della vita; chi viene a me non avrà più fame e chi crede in me non avrà mai più sete… Io sono il pane della vita. I vostri padri mangiarono la manna nel deserto e morirono. Questo è il pane che discende dal cielo, affinché chi ne mangia non muoia. Io sono il pane vivente che è disceso dal cielo; se uno mangia di questo pane vivrà in eterno; e il pane che io darò per la vita del mondo è la mia carne». (Giovanni 6:31-35, 48-51).
In altre parole, Gesù stava parlando di qualcosa di più importante di un pasto. Stava parlando di cibo spirituale. Stava parlando del nostro più grande bisogno. Vedete: il punto di Gesù è che l’umanità ha un bisogno più grande del cibo. Nessun altro “pane” di cui godiamo in questa vita, nessun altro dono che abbiamo ricevuto può fare per noi ciò che Cristo ha fatto! Ecco perché Gesù ci dice:
«In verità, in verità vi dico che se non mangiate la carne del Figlio dell’uomo e non bevete il suo sangue, non avete vita in voi. Chi mangia la mia carne e beve il mio sangue ha vita eterna; e io lo risusciterò nell’ultimo giorno. Perché la mia carne è vero cibo e il mio sangue è vera bevanda. Chi mangia la mia carne e beve il mio sangue dimora in me, e io in lui».
Quindi, Gesù disse chiaramente ai suoi discepoli che se avessero voluto la vita eterna avrebbero dovuto cibarsi di lui.
Ma poi, nella notte in cui Gesù fu tradito, durante la Pasqua ebraica, il nostro Signore disse qualcos’altro: “Poi prese del pane e, dopo aver reso grazie, lo spezzò e lo diede loro dicendo: «Questo è il mio corpo che è dato per voi; fate questo in memoria di me». Allo stesso modo, dopo aver cenato, diede loro il calice dicendo: «Questo calice è il nuovo patto nel mio sangue, che è versato per voi” (Luca 22:19-20). Dicendo questo, Gesù stava designando se stesso come il vero Agnello della Pasqua ebraica, la cui morte avrebbe liberato il popolo di Dio dalla schiavitù del peccato. Qui, tuttavia, sembra che Gesù parlasse in modo più simbolico di quanto non facesse durante il suo discorso in Giovanni 6: «fate questo in memoria di me».
Allora, qual è? Mangiamo il corpo di Cristo e beviamo il suo sangue come disse in Giovanni 6, o il pane e il vino sono solo una memoria come disse in Luca 22? Prima di rispondere, diamo un’occhiata al terzo brano: 1 Corinzi 10. Scrivendo alla chiesa di Corinto, l’apostolo Paolo spiega che la Santa Cena aveva un significato più profondo di quanto pensassero i Corinzi. Avvertendoli contro la pratica idolatrica di frequentare i pasti sacrificali nei templi pagani (un rituale popolare nella città di Corinto), Paolo ricorda ai membri della chiesa di Corinto la natura della Cena: «Il calice della benedizione, che noi benediciamo, non è forse la comunione con il sangue di Cristo? Il pane che noi rompiamo non è forse la comunione con il corpo di Cristo?» (1 Corinzi 10:16).
Cosa significa la parola “comunione”? La parola greca è koinania. Significa “partecipazione”; mette in luce la nostra unione e condivisione comunitaria nell’effettivo corpo e sangue di Cristo. Mentre c’è davvero un’importante dimensione orizzontale della koinania, vale a dire, la nostra comunione reciproca nella chiesa (v.17), è la dimensione verticale della nostra koinania con il Cristo fisico e glorificato (v.16) che diventa il fondamento della nostra koinania orizzontale.
In altre parole, godiamo la vita nel corpo di Cristo (cioè la Chiesa) perché riceviamo la vita dal corpo e dal sangue di Cristo mentre Egli si dona a noi nel pasto della comunione. Quindi, secondo la Bibbia, la Santa Cena è molto di più di un ricordo della morte di Cristo. Anzi, è un vero mezzo della grazia santificante di Dio che sostiene la fede del credente facendolo entrare in comunione con il corpo e il sangue di Cristo.
Per questo motivo, la chiesa primitiva credeva che Cristo fosse in qualche modo presente nell’Eucaristia. Quando leggiamo gli scritti dei primi padri, come Ireneo, Ambrogio e Agostino, scopriamo che loro credevano che la Cena del Signore non fosse un vuoto ordinamento datoci solo per ricordare il sacrificio di Cristo, ma che fosse un sacramento in che Cristo è presente veramente in qualche modo. È un segno visibile della grazia invisibile.
2. Che cosa insegna la Chiesa Cattolica Romana?
La posizione della Chiesa Romana va oltre quella della chiesa primitiva. Mi spiego. Secondo la Chiesa Cattolica Romana, durante la messa, la sostanza del pane e del vino è trasformata nella sostanza del corpo e del sangue di Cristo, mentre esteriormente, vale a dire nell’apparenza, nel sapore, nell’odore, rimangono la stessa cosa. La Chiesa romana arrivò a questa idea applicando una distinzione metafisica del filosofo Aristotele. Secondo Aristotele, ogni cosa ha la propria “sostanza” (realtà interna) e un proprio “accidente” (apparenza). La sostanza di una sedia, per esempio, può essere il legno, mentre il suo accidente potrebbe essere o il suo colore marroncino e la sua sporcizia. Vernicia la sedia, e i suoi “accidenti” muteranno.
La transustanziazione immaginava l’opposto: nella Messa, la “sostanza” del pane e del vino si trasforma letteralmente nel corpo e nel sangue di Cristo, mentre gli “accidenti” originali del pane e del vino rimangono immutati. Ecco perché l’ostia della comunione ha l’apparenza, il sapore e l’odore di pane, ma, secondo la Chiesa Romana, la sua sostanza si trasforma miracolosamente nel corpo fisico di Cristo quando il sacerdote lo consacra durante la Messa quando il sacerdote pronuncia le parole: Hoc est corpus meum: “Questo è il mio corpo”.
Quest’idea non apparve fino al IX secolo con il teologo Radberto. Poi, l’insegnamento e la pratica della chiesa medievale si sviluppò lentamente verso la dottrina della transustanziazione, anche se il termine non venne utilizzato ufficialmente fino al Quarto Concilio Laterano nel 1215.
Poi, nel 1562, il Concilio di Trento confermò questa dottrina, aggiungendo che la venerazione dovuta agli elementi consacrati è adorazione, la stessa che è dovuta a Dio. Inoltre, il Concilio di Trento, che è la dottrina cattolica romana ufficiale, dice inequivocabilmente che l’Eucaristia è un sacrificio visibile e propiziatorio di Cristo. Ecco una citazione dal Capitolo II della ventiduesima Sessione del Concilio di Trento:
«E poiché in questo divino sacrificio, che si compie nella messa, è contenuto e immolato in modo incruento lo stesso Cristo, che si immolò una sola volta cruentemente sull’altare della croce, il santo sinodo insegna che questo sacrificio è veramente propiziatorio…Si tratta, infatti, della stessa, identica vittima e lo stesso Gesù la offre ora per mezzo dei sacerdoti, egli che un giorno si offrì sulla croce».
Inoltre, il Concilio di Trento dichiarò: «Se qualcuno dirà che nella messa non si offre a Dio un vero e proprio sacrificio, o che essere offerto non significa altro se non che Cristo ci viene dato a mangiare, sia anatema». Questa è la dottrina ufficiale della Chiesa Cattolica Romana, sia nel XVI secolo che oggi.
3. Che cosa insegnò la Riforma Protestante
I riformatori protestanti erano concordi nel condannare la dottrina della transustanziazione. Essi sostenevano trattarsi di un grave errore, contrario alle Scritture, distruttiva del vero significato di un sacramento e tendente alla peggiore superstizione ed idolatria. Nel 1520, Martin Lutero scrisse suo libro, La cattività babilonese della chiesa in cui si trattava di un attacco all’affermazione di Roma secondo cui la grazia di Dio per la giustificazione fluiva esclusivamente attraverso i sacramenti gestiti dai sacerdoti. Mi spiego. Durante il periodo medievale, c’era molta confusione per quanto riguarda la grazia e il modo in cui siamo giustificati. La maggior parte dei teologi medievali insegnavano che un peccatore deve diventare giusto prima che Dio lo possa dichiarare tale. Per diventare giusti, secondo i teologi medievali, bisognava fare opere buone e collaborare con la grazia di Dio. La grazia di Dio, secondo loro, non è il favore di Dio, ma una sostanza infusa per mezzo dei sacramenti. Con l’aiuto della grazia di Dio, che è offerta nei sacramenti, le buone opere sono ricompensate con il merito.
Lutero affermava che, in realtà, se è alla Bibbia e non al papa che bisogna credere, allora ci sono solamente due sacramenti (il battesimo e la Santa Cena), e non sette, come insegnava Roma. Inoltre, siamo giustificati non per mezzo dei sacramenti, ma solo per grazia, solo a motivo di Cristo, e solo mediante la fede. I sacramenti, tuttavia, sono mezzi di grazia per la nostra santificazione e sicurezza.
Per Lutero, la dottrina del sacrificio della Messa era «la più malvagia di tutte» poiché in essa il sacerdote dichiara di offrire a Dio il corpo e il sangue di Cristo autentici in quanto ripetizione del sacrificio espiatorio della croce, mentre il vero sacramento dell’Eucaristia è una «promessa del perdono dei peccati fatta a noi da Dio, che è stata confermata dalla morte del Figlio di Dio». Trattandosi di una promessa, l’accesso a Dio non è conquistato da opere o meriti attraverso i quali proviamo a piacergli, ma solo per fede. Eppure, anche se rifiutasse la dottrina della transustanziazione e il sacrificio della Messa, Lutero credeva che Cristo è corporalmente presente nella Cena del Signore e che il suo corpo è ricevuto da tutti coloro che partecipano agli elementi. Scrisse Lutero: «Su questo fondamento il nostro ragionamento e anche crediamo e insegniamo che nella Cena mangiamo e prendiamo su noi veramente e fisicamente il corpo di Cristo».
Riconoscendo il mistero, egli era certo della reale presenza corporale di Cristo, il quale aveva affermato istituendo la Cena «Questo è il mio corpo». Lutero sosteneva che se non si interpreta letteralmente la Scrittura in questo brano, non si può fare altrimenti in altri e ci si avvia sulla strada della «negazione virtuale di Cristo, Dio ed ogni altra cosa». La posizione di Lutero è conosciuta come “consustanziazione”.
L’oppositore principale di Lutero tra i riformatori fu Ulrich Zwingli, la cui attività riformatrice in Svizzera era da anni contemporanea a quella tedesca. Entrambi Lutero e Zwingli si opponevano a Roma, ma per Zwingli, la Santa Cena non era un dono della grazia di Dio; era semplicemente un simbolo per aiutarci a ricordare il sacrifico di Cristo e il nostro essere membri del Suo corpo. Per Zwingli il corpo di Cristo era simboleggiato dal pane ma non era letteralmente presente nel pane, visto che Cristo è salito al cielo.
Zwingli, tuttavia, era stato profondamente influenzato dal dualismo di spirito e materia. Per esempio, Zwingli scrisse: «Cristo è la nostra salvezza in virtù di quella parte della sua natura dalla quale è disceso dal cielo, non di quello con cui è nato da una vergine immacolata, sebbene abbia dovuto soffrire e morire per questa parte».1 In altre parole, per Zwingli, l’importante è la divinità di Cristo, non l’umanità. Questo dualismo è evidente nella sua dottrina della Santa Cena. Nessun elemento fisico, come il pane e il vino della Santa Cena, può influenzare l’anima, né può essere unito sacramentalmente alla realtà che essa significa. In altre parole, per Zwingli, la Santa Cena è solo un atto di commemorazione e niente di più. Non è un mezzo della grazia per la nostra santificazione. La posizione di Zwingli è conosciuta come “memorialismo”.
Ecco perché Lutero si rifiutò di collaborare con Zwingli. Nel 1529 i due si affrontarono a Marburgo con l’obiettivo di unificare il Protestantesimo. I due concordarono su quasi tutti i punti in discussione ma sulla Santa Cena si trovarono su posizioni inconciliabili. Secondo Lutero, la posizione di Zwingli spostava la Santa Cena dal piano della grazia a quello delle opere. Da quel momento in poi, Lutero e Zwingli sarebbero andate ognuna per la sua strada.
Giovanni Calvino arrivò poco dopo. La sua posizione riguardo alla Cena del Signore sembra essere una via intermedia tra quelli di Lutero e di Zwingli, ma in realtà è una posizione indipendente. Come Zwingli, Calvino sosteneva che dopo l’ascensione Cristo conservò un corpo reale che è collocato nel cielo. Quindi, il corpo fisico del Signore non scende dal cielo sulla terra durante la Santa Cena. Ma, come Lutero (e come la chiesa primitiva), Calvino credeva che gli elementi nella Cena sono segni con cui si dimostra il fatto che Cristo è veramente presente e rifiutava il “memorialismo” di Zwingli. È chiaro che Lutero e Calvino furono d’accordo tra loro più di quanto lo fossero Calvin e Zwingli.
Per Lutero e Calvino la comunione con il Cristo presente che nutre i credenti con il suo corpo e con il sangue è ciò che fa dell’atto un “sacramento”. La questione controversa tra i due rimaneva piuttosto il modo con cui il corpo di Cristo esiste ed è dato ai credenti. Per Calvino, se Cristo è corporalmente in cielo, la distanza è superata dallo Spirito Santo, che vivifica i credenti con la carne di Cristo. Perciò la Cena è una reale comunione con Cristo – come l’apostolo Paolo dice in 1 Corinzi 10:16. Cristo ci nutre con il suo corpo e il suo sangue. In questo senso, la differenza rispetto a Lutero è minima.
La differenza reale tra Lutero e Calvino è nella presenza fisica del corpo di Cristo. Per Calvino esso è in un luogo nel cielo, mentre per Lutero aveva la stessa onnipresenza come la natura divina di Cristo. È lo Spirito Santo che rende possibile ai credenti sulla terra di ricevere tutto il Cristo in cielo, dove Egli è rimasto nostro Signore dalla sua ascensione (Lc 24,51; At 1,9-10; Eb 4,14). Cristo regna, essendo «seduto alla destra della Maestà nei luoghi altissimi» (Eb 1:3). Egli serve come nostro grande sommo sacerdote, «ministro del santuario e del vero tabernacolo, che il Signore, e non un uomo, ha eretto» (Eb 8:2). È lì nel vero tabernacolo, dove Cristo «ci ha risuscitati con lui e con lui ci ha fatti sedere nei luoghi celesti» (Ef 2:6), che Egli ci nutre con il suo corpo e il suo sangue, così come riceviamo il pane e il vino sulla terra.
Calvino e Lutero entrambi concordavano nell’essere di fronte ad un profondo mistero che andava accettato piuttosto capito. Calvino disse: «Se qualcuno mi chiedesse come questo avvenga (presenza dell’intero Cristo), non avrei il minimo scrupolo a confessare che si tratta di un segreto troppo eccelso perché il mio spirito lo possa afferrare e spiegare con parole, e sostanzialmente, ne avverto la realtà per esperienza, più di quanto sia in grado di formularla».2 La posizione articolata da Calvino (e dovremmo anche dire Vermigli) divenne la posizione standard dei Riformati. È stato codificato nelle confessioni e nei catechismi riformati. Per esempio, confessiamo nell’Articolo 35 della Confessione fede di Belga (1561):
Per assicurarci che con la stessa certezza con cui prendiamo e teniamo il sacramento nelle nostre mani, e lo mangiamo e beviamo nelle nostre bocche, dal quale la nostra vita è poco dopo alimentata, noi riceviamo per fede (che è mano e bocca della nostra anima) il vero corpo e il vero sangue di Cristo, nostro solo Salvatore, nelle nostre anime, per la nostra vita spirituale…Quindi, non ci inganniamo nel dire che ciò che è mangiato è il corpo proprio e naturale di Cristo e che è il suo proprio sangue ciò che beviamo, ma la maniera in cui lo mangiamo non è la bocca ma lo spirito mediante la fede. Così, Gesù Cristo resta sempre seduto alla destra di Dio suo Padre nel cielo, ma non per questo cessa dal comunicarsi a noi mediante la fede.
Questo banchetto è una tavola spirituale nella quale Cristo si comunica a noi con tutti i suoi benefici e ci fa gioire in essa, tanto di lui stesso che del merito della sua morte e passione, nutrendo, fortificando e consolando la nostra povera anima desolata, mediante della sua carne e la bevanda del suo sangue.
Questa rimane la confessione delle chiese riformate oggi.
Oppure, prendete in considerazione il Catechismo di Heidelberg, Domanda 75: «Come ti viene mostrato e suggellato nella santa Cena che hai comunione con l’unico sacrificio di Cristo alla croce, e con tutti i suoi benefici?»
Risposta. Così: Cristo ha comandato a me e a tutti i credenti di mangiare questo pane spezzato e di bere questo calice in sua memoria, aggiungendo queste promesse, primo, che il suo corpo fu offerto e rotto sulla croce per me e il suo sangue fu sparso per me nello stesso modo in cui vedo con gli occhi il pane del Signore rotto per me e il calice comunicato a me; inoltre, che egli stesso, con il suo corpo crocifisso e il suo sangue sparso, ciba e nutre in vita eterna la mia anima, proprio come ricevo dalla mano del ministro e assaporo con la bocca il pane e il calice del Signore, che mi sono dati come emblemi del corpo e del sangue di Cristo.
La dottrina Riformata della Santa Cena è che noi riceviamo il corpo e il sangue di Cristo per il nutrimento spirituale delle nostre anime. Non è un semplice ricordo di un dono divino; è un dono divino.
4. Perché questo è importante per la vita cristiana?
Se Roma ha ragione sull’Eucaristia, allora non hai certezza della salvezza. L’obbedienza attiva di Cristo e il suo sacrificio sulla croce non sono sufficienti a salvarti. Devi continuare a usare i sacramenti per ottenere il merito di cui hai bisogno per essere giusto con Dio. Devi continuare ad assistere al sacrificio di Gesù nella messa, sperando che forse Dio ti salverà.
D’altra parte, se Zwingli aveva ragione nel dire che la Santa Cena non è un mezzo di grazia, ma solo una commemorazione in cui non si riceve nulla, allora non è così importante. In effetti, questo è il motivo per cui Zwingli pensava che celebrare la Cena del Signore una volta all’anno fosse sufficiente. Se lo festeggi troppo spesso, sarà noioso e non sarà speciale.
Tuttavia, se Calvino e avesse ragione che nella Santa Cena riceviamo effettivamente qualcosa di buono, cioè Cristo in cielo, allora «siamo davvero partecipi del suo vero corpo e del suo vero sangue, per opera dello Spirito Santo…in modo che tutte le sue sofferenze e la sua ubbidienza sono nostre, proprio come se avessimo sofferto e adempiuto noi stessi ogni cosa nella nostra stessa persona».3 Se questo è vero, perché non dovremmo volerlo ogni settimana? Ecco perché Calvino disse che la Santa Cena dovrebbe essere celebrata almeno settimanale. Quando lo riceviamo con fede, la Cena del Signore rafforza la nostra fede, speranza, amore e senso di sicurezza. La comunione con il corpo e il sangue di Gesù ti fa bene, soprattutto quando sei debole.
Ecco perché il riformatore italiano Benedetto da Mantova disse nel suo libretto stupendo, Il beneficio di Cristo:
Quando il cristiano sente che li suoi nemici vogliono soverchiare, cioè quando dubita di non avere conseguita la remissione delli suoi peccati per Cristo, e di non poter sopportar il diavolo con le sue tentazioni, e che l’accusazione della conoscenza dubbia prevale contra di lui, di maniera che comincia dubitare che l’inferno non ‘l debbia inghiottire e che la morte, per l’ira di Dio, eternalmente non l’abbia da vincere e uccidere; quando, dico, sente questi affanni, vada con buon animo e con fiducia a questo santissimo sacramento, e ricevalo divotamente, dicendo nel suo cuore e rispondendo alli nemici suoi: «Io confesso che io merito mille inferni e la morte eterna per i peccati miei; ma questo divinissimo sacramento, il quale ora ricevo, mi fa sicuro e certo della remissione di tutte le mie iniquità e della riconciliazione con Dio. Se io risguardo alle mie opere, non è dubbio che io non mi conosca peccatore e condennato, né mai la mia conoscienza sarà quieta, credendo che per le opere, che io fo, gli miei peccati mi siano perdonati. Ma, se io risguardo nelle promesse e nel patto di Dio, il qual mi promette per il sangue di Cristo la remissione de’ peccati, tanto sono certissimo di averla impetrata e di avere la grazia sua, quanto son sicurissimo e certo che Colui, che ha promesso e fatto il patto, non può mentire né ingannare. E per questa constante fede io divento giusto, e questa è la giustizia di Cristo, per la quale io son salvo e la mia conoscenza si tranquilla».4
Il credente non deve permettere che la debolezza della sua fede o dei suoi fallimenti nella vita cristiana sia per lui un impedimento per accedere a questa Tavola. Non ci rendiamo degni di ricevere la Cena obbedendo alla legge. Sarebbe impossibile. Piuttosto, siamo invitati a questa tavola perché Dio ci ha rivestiti della giustizia di suo Figlio. Così, il povero peccatore può venire alla tavola con fiducia. «In questo modo si scaccia fuori de l’anima il timore, si aumenta la carità, si conferma la fede, si rasserena la coscienza, e la lingua non si vede mai stanca di lodar Dio e di rendergli infinite grazie di tanto beneficio».5
Quindi, quando verrai alla Tavola domani e riceverai il pane e il vino, ricordati che Cristo ha dato il suo corpo e il suo sangue affinché tu potessi essere libero. Mentre tieni in mano il pane e la tazza, ricorda che qualcuno ha pagato il prezzo per la tua libertà. Mentre ti metti in bocca il pane e il vino, ricordati chi sei! Sei una nuova creazione! Non appartieni a te stessi. Sei stato comprato a caro prezzo. Ricordati che il Signore ti ha liberato dalla schiavitù e ti ha promesso di portare a casa, nella nostra vera patria a cui tutti aneliamo tra la stanchezza e i timori angoscianti di questa vita. Quindi, la Cena del Signore non deve mai essere un ripensamento nella chiesa. È stato istituito da Cristo per essere al centro stesso del nostro culto, della nostra pietà e della nostra testimonianza.
Note
- Ulrich Zwingli, Commentary on True and False Religion, ed. Samuel Macauley Jackson and Clarence Nevin Heller, trans. Samuel Macauley Jackson (Durham, NC: The Labyrinth Press, 1981), 204.
- Giovanni Calvino, Istituzione della religione cristiana, IV.17.32
- Catechismo di Heidelberg, Domanda 79.
- Benedetto da Mantova, Il beneficio di Cristo (1543), Claudiana, Torino, 2009, pp.74-75.
- Benedetto da Mantova, 76.
© Chiesa Riformata Filadelfia. Il presente articolo può essere utilizzato solo facendone previa richiesta a Chiesa Riformata Filadelfia. Non può essere venduto e non si può alterare il suo contenuto.
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